Le barche in secca sulla sabbia davanti a casa.
Gli abitanti del Kazakistan non si rassegnano, un giorno tornerà il mare a lambire quelle rive e una distesa azzurra si stenderà di nuovo davanti a loro, a perdita d’occhio.
Difficile rassegnarsi a perdere la propria identità.
Quanti errori in nome dei grandi interessi, delle speculazioni…laddove il singolo non ha più valore contrapposto al “bene per la collettività”. Bene ? Quale bene ? Non ne ho scorto mai alcuno in questo genere di soprusi. Intere popolazioni private del loro habitat in nome del …regresso.
Barche in secca
Penso all’Egitto, alla immensa distesa del lago Nasser, alla diga costruita per portare la luce, grazie alle sue turbine, a tutta la popolazione.
In Kazakistan prosciugano un mare, in Nubia creano un lago dalle proporzioni di un mare. A forza di lasciar tagliare le foreste in Amazzonia finiremo noi travolti da una immensa distesa d’acqua! Opposti di identica sopraffazione !
L’energia elettrica creata dall’acqua in un paese, l’Egitto, dove non piove mai, dove il sole dardeggia impietoso tutti i giorni dell’anno, proprio come recitano i depliants turistici, giorni di pioggia : zero!
Perché non creare centrali fotovoltaiche, semplici pannelli solari eretti nella distesa di sabbia, al fine di catturare e condizionare l’energia naturale del sole? No, in nome del “bene della collettività” e …delle imprese appaltatrici, è necessario allagare un territorio lungo cinquecento chilometri, di cui centocinquanta nel Sudan, affondare nelle sue acque il patrimonio archeologico mondiale e privare delle loro case sessantamila onesti Nubiani .
Nubiani: popolo onesto
L’Unesco con grande sforzo di capitali è riuscito a salvare, spostandolo, il Sito di Abu Simel e quello di Philae : tutta la stampa ha dato grande rilievo alla mastodontica operazione.
Non una parola è stata spesa sul sacrificio inutile imposto agli abitanti delle terre della Nubia, costretti, in nome del …“progresso”, a perdere le loro case, le loro radici.
Hanno imprigionato sotto l’acqua un territorio lungo 500 Km, imbrigliato le piene del Nilo, diminuendo la portata d’acqua al Mar Mediterraneo, alterando così anche il nostro ecosistema.
Il limo, che ora ristagna ammassandosi ai bordi della cataratta, deve essere annualmente asportato con maggiori costi a carico della collettività…Un po’ di lungimiranza in quegli anni di fervore ingegneristico non avrebbe guastato ! Costruire una centrale idroelettrica nel deserto, sacrificare popoli e monumenti, entrambi patrimonio dell’umanità, invece di impiantare pannelli solari, forse più costosi inizialmente, ma nell’insieme e alla lunga, più redditizi.
Kasr Ibrim galleggia ancora nel lago Nasser
Cosa succederà se le popolazioni del Sudan decideranno di fare altrettanto, di prendere anche loro l’energia dal Sacro fiume…
Il problema per ora non si pone, al momento sono troppo occupati in altri pensieri, coinvolti come sono in una guerra fratricida…alimentata, indotta da chi ?, mi chiedo…
Un identico dramma si è posto in una altra parte del mondo, dove, al contrario dell’Egitto, è stata abolita la proprietà privata, espropriate le terre per adibirle a territori per la sperimentazione nucleare: in Usbekistan hanno deviato il corso dei fiumi Amu Darya e Syr Darya, affluenti da millenni nel Mare di Aral, in Kazakistan . Con il pretesto di irrigare nuove terre , poi risultate non fertilizzabili, improduttive anche per la coltivazione del cotone, hanno svuotato l’alveo naturale dei due fiumi, prosciugato il mare di Aral costringendo i pochi abitanti superstiti a cambiare aria…per altro diventata irrespirabile in seguito agli scoppi continui di megatoni.
Mare di Aral nel 1960 e … nel 1995
Quando il singolo non ha più valore, quando gli sono negati i diritti…si crea l’abominio.
Mia madre Halina , ùcraina di nascita e polacca-lituana di adozione, quando da piccola voleva farmi sorridere mi cantava una preziosa ninna-nanna in lingua polacca:
Nje zeby Ci , Nje bjio zal
Dziecinko moja maia
Z cuckrue bjio Kròl
Z piernika Paz
Kròlewna z marcepana
Tradotto è “ Non devi essere triste, non devi avere paura, mia piccola cara” perché nella storia che ti ho cantato,i personaggi non sono veri “ di zucchero è il Re, di pan di spezie il Paggio, la Regina di marzapane”
In queste poche parole in polacco è concentrato il dramma del popolo Ucraino e della confinante Polonia. Le guerre hanno spezzato una cultura, la rivoluzione russa ha annientato, sterminato una intera genia. Travolti, inseguiti in ogni dove, sono scappati dalla loro terra di origine cambiando nomi, date di nascita, idiomi. Hanno conservato la verità nei versi da cantilenare ai loro piccoli, nati dopo quelle epoche di eccidi, perché un giorno liberamente potessero capirne la provenienza.
Forse quei versi rappresentano una specie di appartenenza, un modo per riconoscersi…un codice !
I Romanov: Lo Zar Nicola II, la Zarina Alessandra con i figli
Olga, Alessio, Tatiana, Anastasia e Maria
Si parla della uccisione degli Tzar , il re e la regina, il paggio rappresenta i tanti innocenti a loro legati .In Ruanda è accaduto, decenni dopo, lo stesso scempio: è stata armata l’etnia Hotu contro i Tutsi, questi ultimi hanno dovuto negare le proprie origini per mettersi in salvo, almeno quei pochi che sono riusciti a sottrarsi alle atrocità indotte dai media. Hanno dovuto mentire ai propri figli sulle loro origini per non farli perseguitare , hanno dovuto negare loro l’identità.
Un odio razziale pilotato, un incitamento alla persecuzione dei diversi, degli altrimenti grandi, instaurato in una parte della popolazione contro l’altra, creato, giorno dopo giorno, dai media sino a giungere all’eccidio di migliaia di persone, teste e arti mozzati, tendini tagliati per non permetterne la fuga…senza distinzione di età, sesso.
Teste Tutsi
In quelle condizioni chi sopravvive nega tutto, anche l’evidenza, concedendo l’ultima vittoria all’assassino: il regalo della propria identità. Un incitamento alla persecuzione creato oggi dai media , ieri dalla fomentazione all’odio razziale , alla eliminazione di una classe borghese , chiunque, fosse anche infante doveva morire.
Nessuna vita vale più di una altra vita, non finirò mai di dirlo.
Nessuna religione può spingere ad uccidere, nessun potere può arrogarsi il diritto di farlo.
Innocenti vittime non possono continuare a cadere sotto un qualsiasi fanatismo indotto.
Si deve rifiutare la manipolazione insita dietro queste ideologie, rifiutare di compiere qualsiasi atto nocivo contro un altro uomo. “No , non ci sto”, questo va detto e ripetuto a macchia d’olio.
…si può cambiare…rifiutando l’odio
“Non mi userete per spianarvi la strada, non lascerò armare la mia mano in nome di alcun ideale”
Non bisogna farsi mettere in mezzo dal sistema, da un potere che vuole solo usare, e assistere, impunemente e al sicuro, alla paura e al terrore che è riuscito a seminare.
Chi può volere una classe dirigente dalle mani lorde di sangue, chi può desiderare di seguire un leader che ha commesso simili orrori? Con quali valori, quali libertà, quali certezze…nessuna, tranne quella di essere vittime designate …appena si dissente.
Alassio ospita mia madre Halina nel 1948
Mia madre, a pochi mesi di vita, fu portata via da Kiev nelle braccia di mia zia Toscia sopra un carro di contadini. Ad un sobbalzo delle ruote cadde per terra ma il carro non fermò la sua corsa verso la salvezza , verso la frontiera lituana. Dovette scendere lei, piccola di quattro anni a ricuperarla , a salvare la sorellina in fasce, a tornare correndo al carro , a quei contadini a cui erano state affidate con la speranza di farle “continuare” a vivere! Per anni solo quella ninna nanna, cantilenata con voce bassa, ha raccontato quella storia di sopraffazione, ancora oggi le mie zie sopravvissute alla guerra non vogliono parlare. Hanno paura. “Eli, non serve ricordare, anzi. Ho un figlio con sei nipoti, non posso metterli a rischio” Lo spettro aleggia ancora nella loro dimora, ancora la paura fa negare le radici, e loro continuano ad essere, senza ricordi, nessuno.
I morti tacciono, i sopravvissuti non parlano…Quando si avrà il coraggio per affrontare il ricordo? Solo il tempo libererà dal terrore della morte, della prigionia, della fuga…forse.
Fino a quel momento continuerò a cantare quella cantilena, perché io conosco i ricordi di mia madre, so e non dimentico. Sono dispiaciuta per lei e per quello che ha dovuto passare, come tanta altra povera gente, obbligata a nascondersi tutta una vita per il solo fatto di appartenere, di essere nata tra i Tutsi, i Cattolici, gli Ebrei, i Buddisti, i Russi zaristi..
Rimangono gli aromi, i profumi nei racconti di quello che si può ancora dire..le ricette di cucina che propongono piatti delicati, dagli antichi sapori. In un “blinki”, in una frittella di patate vengono condensate le tradizioni, i ricordi di una casa dal samovar sempre fumante ,in lontananza le note di un violino tra le risa di una allora famiglia felice.
Samovar
Pattinare sul lago ghiacciato nelle fredde mattine lituane d’inverno, a Zoravno vicino a Vilnius, per rincasare correndo al caldo delle stufe di maiolica, togliersi gli abiti coperti di ghiaccio, metterli ad asciugare sulle mensole delle stufe, ritrovarsi tutti in sala ad accoccolarsi sul tappeto davanti al fuoco per deliziare il palato pescando un “blinki” dal vassoio appoggiato per terra, così come avevano fatto i nonni dei nonni.
Una familiarità creata da un insieme di fiducia e scambio reciproco nel condividere quel delicato piatto, tanta semplicità mista ad amorevole lavoro.
Per cucinare “blinki”per quattro persone bisogna pelare e grattugiare otto patate , aggiungere un uovo intero,un cucchiaio di fecola, mescolare e far cuocere dorando, in una padella imburrata, ogni frittella di grandezza pari ad un cucchiaio da minestra.
Togliere dal fuoco e tenere al caldo, coperti…vanno mangiati tiepidi, cosparsi di caviale.
In questa ricetta c’è il cuore di un intero popolo, che ha continuato a vivere lontano dalla propria terra, ricordandola così…in silenzio, assaporando anche solo la frittella dorata, del caviale della ricetta … non ce ne era nemmeno l’ombra!
Caviale grigio Petrossian
Le culture dei paesi nordici sono più sociali, più preoccupate della collettività, forse perché si è costretti a vivere più tempo al riparo per proteggersi dai rigori del freddo, condividendo uno spazio al chiuso , dove tornare ad essere liberi dal gelo esterno, intorno a scoppiettanti camini.
Togliere le protezioni esterne per lasciare la pelle respirare nuovamente , liberi dai condizionamenti meteorologici. A loro, ai popoli baltici, si deve l’invenzione della sauna, il ritrovarsi in piccole calde strutture di legno, l’aria calda e secca alimentata da pietre ardenti, una porta-finestra con vista sulla distesa innevata, dove provare con soddisfazione un gran tepore, a dispetto della temperatura esterna. Novanta gradi per dimenticare il freddo, farsi beffe di lui, i corpi nudi appoggiati alle pareti di legno intenti solo a godere quella sensazione impagabile di benessere.
Rilassarsi raccontando brevi storie e ascoltando quelle di altri, lasciando il tempo al silenzio, cercato e imposto, per assaporare meglio la rinascita del corpo. Dieci minuti e si esce buttandosi sotto il getto di una doccia di acqua fredda tonificante , per abbandonarsi , un poco stremati da tutti quei cambiamenti, a un totale relax.
La Casa dai caldi vapori
In Norvegia si esce dalla sauna direttamente sul manto nevoso per buttarsi , nudi, nella sua bianca coltre e poi riposarsi nell’acqua di calde solfatare con i fumi, i vapori che si alzano fino al cielo e ci lasciano inermi alla bellezza della vita.
Una sera dell’ultimo dell’anno, a Cortina nel 1974, sono ospite di una coppia di amici, romani di adozione, lui veneto e lei argentina dai tratti del viso e dall’altezza asburgica…stile modella anni 70, Gloria…bellissima.
Il pomeriggio dell’ultimo giorno dell’anno suo marito mi invita a fare una sauna al Hotel Miramonti portando con se, per dissetarci, una bottiglia ben ghiacciata di champagne . Spogliati e coperti solo da un peplo bianco ci ritroviamo nella stanza del relax, con reciproca complicità brindiamo alla fine dell’anno, i nostri auguri appaiono essere identici, entrambi desideriamo vederlo concludere in una maniera insperata fino a poco prima.
Bollicine….
Due bicchieri di bollicine servono da carica e , un poco ebbri, entriamo nella sauna, nudi.
Una di fronte all’altro, distesi sopra ai bianchi asciugamani, la pelle che brilla nella poca luce, lasciamo l’ilarità invadere i nostri cuori ascoltando i reciproci racconti , episodi piccanti sui nostri amici. Tutto rimanda al desiderio. Lui si alza, si avvicina “ Brindiamo ancora insieme , vuoi?” ne sono entusiasta , potrei essere ovunque e in ogni luogo in quel momento tanto mi sento libera,i sensi piacevolmente stimolati a recepire il desiderio. Rientra con i calici colmi, ne sorseggio qualche goccia mentre lui fa cadere il liquido ghiacciato dai miei seni in giù “lasciamelo bere da lì”, rido mentre mi apro al piacere, lascio la sua bocca scendere a bere da me, la sua mano sfiora i miei seni. La sensazione è forte, sono pronta per lui: ora voglio solo sentirlo dentro di me, anelo alla sua carne, mi giro offrendogli il mio corpo, gli chiedo di prendermi.
Mi riempie di se, sento tutto l’inconsapevole amore che ha per me, la sua carne nella mia induce piaceri a dismisura in quell’ambiente bollente…sono sensazioni tanto brevi quanto intense a portarci all’immediato godimento, alla soddisfazione della contemporaneità nel provare l’unione di un momento. Urla di piacere riempiono la sauna, ora assomiglia ad una astronave di legno in viaggio nello spazio libero . Usciamo per correre alle docce fredde a ristabilire un contatto con il mondo. Quegli attimi condivisi e indivisibili valgono una vita, torniamo consapevoli delle nostre realtà e non proviamo dispiacere per l’estemporaneità dei nostri gesti, né desideriamo altro di ciò che abbiamo vissuto. Distesi sui lettini, abbandonati al relax, lui amorevolmente mi rimbocca l’asciugamano e mi riempie il bicchiere…Sono felice…
Un attimo, l’antitesi del tempo, il suo opposto : quello che è al di là di ogni divisione rimane per sempre. Attimi di Vita !
La parola Attimo deriva da Atomo che, per sua natura,non può essere diviso…è fuori dal tempo!
Il Tempo si può suddividere, l’Attimo ne è il suo contrario…
“Tempo deriva da Témno, Témneos era la porzione del cielo ‘attraversato’ dal volo sacro degli uccelli che gli aruspici dividevano e misuravano con il loro bastone” , un brano tratto da “vorrei parlarti del cielo stellato” di Alessandra Tarabochia Canavero che , pur riferendosi ai testi tolemaici, quindi tardi e postumi all’età egizia, esprime concetti mirabili come “L’attimo è il contrario, la negazione del tempo , nell’etimologia e nella realtà”
Vero, ogni attimo in quella sauna è durato una vita e ne ha condensato i migliori sapori…posso dire di aver vissuto sopra ogni ragionevole dubbio.
Sono stata me stessa in un attimo e ho goduto della vita nella vita.