Le Stelle Cadenti

La nostra atmosfera , quello strato di ozono che avvolge la terra, protegge il nostro mondo dai corpi estranei che dallo spazio sono costretti solo a lambirla mentre cadono nel vuoto cosmico.
Le  sere di Ferragosto siamo abituati a sondare il cielo cercando di intravedere il miracolo di una stella cadente e ci sentiamo pieni di grazia quando riusciamo a scorgere, nella immensità della notte,  quella veloce scia luminosa .
“Bisogna subito esprimere un desiderio quando accade di vederne una”…queste sono solo romantiche fantasie popolari  mai state così lontane dalla realtà del fenomeno a cui assistiamo!
Quelle stesse ‘stelle cadenti ’ se potessero oltrepassare la nostra atmosfera sarebbero portatrici di morte nella loro caduta e non di desideri. Cambierebbero nome per divenire ‘meteoriti’ capaci di disintegrare , all’impatto con la terra, la vita sotto ogni sua forma. Le cadute dei ‘sassi di stelle ’ sono state la causa dell’estinzione dei dinosauri , di quei cambiamenti climatici che la hanno determinata.
Noi, nasi all’insù, cerchiamo nella notte estiva le loro sfide alla protezione del nostro mondo, convinti questa terra terrà ad oltranza…

                                  Desideri…

Le ‘stelle cadenti ’ hanno una diversa interpretazione nella nostra letteratura: significano anche la breve corsa  nella vita degli artisti, degli uomini di spettacolo, dei personaggi pubblici o dei letterati in auge per un piccolo periodo di tempo e la loro repentina sparizione nel buio cosmico, nella notte dei tempi al di là delle stelle dove , forse, non c’è più nulla.
Chi vi è riuscito ha avuto la grazia di poterli ammirare nei pochi secondi della loro luminosa corsa, durata in realtà anni luce , per poi scordarsi di loro  quando hanno raggiunto il buio. Non più degni di nota ora che sono caduti in disgrazia, privi di fascino.
Luce-parola-vita erano, per gli antichi, fra loro intimamente connessi e opposti a buio-silenzio-morte .
La lux è la vita a cui presiede Giunone con l’appellativo di Lùcinà quando assiste ad un nuovo parto, all’arrivo di una nuova vita colma di luce da condividere.

                         Juno Lùcina dà la vita, la luce al primo solstizio d’inverno

E lux deriva dalla parola indo-europea leuk-luk che designa la pura azione di rischiarare ma anche di brillare come gli astri e come i nostri occhi, capaci entrambi di trasmettere una luce,  perciò detti lumen. Nella lingua tedesca la traduzione è blicken con il significato di irradiare dal quale deriva blitz, il lampo. Blitz significa anche una azione veloce , determinante, accecante.
Guardiamo da secoli nella notte la volta celeste  cercando nella luce delle stelle un lume, una trasmissione del pensiero , una soluzione ai nostri dubbi e quando, in terra, incontriamo esseri più dotati di noi li chiamiamo stelle, star paragonandoli a quegli astri .

                      Andy Wharol in visita  a Roma da Mario Schifano

Simili a stelle hanno tutta la nostra ammirazione almeno fino a quando l’avversa fortuna non li colpisce, cambiando il loro destino in una caduta verso il nulla. Allora li osserviamo per l’ultima volta mentre cadono vorticosamente in un luogo dal quale la loro luce sarà oscurata , non potrà più raggiungerci ed esprimiamo l’unico desiderio sensato : quello di non dimenticarli mai!

A me è capitato di assistere alla corsa di molti astri cadenti e li ho seguiti fino all’oblio, li ho visti spegnersi senza mai dimenticare come erano quando, splendenti di luce, venivano ammirati da tutto il mondo. Ho accompagnato le vicende umane di due grandi maestri, miei compagni di vita per alcuni anni e forse, grazie alla differenza di età, sono stata in grado di seguirli anche quando erano caduti nel buio , nell’oblio del mondo…quando ‘stelle cadenti ’ ormai spente erano spersi in un universo di cui non riconoscevano più i contorni, quasi si fossero svegliati in un Canto dell’Inferno dantesco anziché su questa terra.

                       Il Gusto di M.Schifano sul Catalogo Bolaffi n.44 Nov.1974

Un grazie a Redapple per il link: http://marioschifano.blogspot.com/

Mario Schifano ha sofferto di questa sua repentina caduta più degli altri.
Pittore, osannato dalla critica e dalle belle donne alle quali si concedeva di rado, viveva alla fine degli anni 1973-74 in un bellissimo appartamento sul Lungotevere romano di fronte al vecchio Palazzo di Giustizia. Tutti facevano a gara per partecipare alle sue cene , veri happening del gusto, o per essere invitati alle proiezioni private dei film nella sua sala cinematografica, all’entrata della casa, approntata appositamente a tale scopo. Le pareti, tutte foderate con una stoffa a righe bianco verdi fino sul soffitto, stile circo felliniano, davano l’impressione di essere in un luogo davvero speciale dove il tempo non aveva accesso, dove le ore,  piene di vita, si confondevano tra la notte e il giorno senza più alcuna distinzione.
Il maxi schermo, addossato alla parete più lunga, non lasciava adito a dubbi, quello era il luogo dove i sogni  si avveravano:  immense poltrone e divani rossi in velluto e broccato accoglievano le persone abbracciandole  idealmente, trasformandole in bambini dai desideri facilmente realizzabili. Mario li aveva voluti giganteschi : chi si sedeva su quei sofà vi sprofondava dentro, le gambe non raggiungevano più terra né  testa e braccia arrivavano a toccarne la sommità. Così trasformati in ‘bimbi dai pensieri felici ’  si entrava nell’ottica di un piacere più facilmente condivisibile, si guardava la proiezione appagati di poter divagare , ogni tanto, dalla trama del film a quella della vita.

                                           Diversi schermi diverse ottiche

Nella camera da letto di Mario dieci televisori proiettavano le immagini in contemporanea dalle diverse  reti allora accessibili, a significare la simultaneità nelle idee di argomenti anche opposti per ideali e convinzioni. Un sofista per eccellenza , Mario…nella cui casa passavano tutti quelli che credevano di contare qualche cosa .

 
La splendida Sala da Pranzo affrescata da Mario Schifano

L’Avvocato Agnelli gli aveva chiesto di affrescare la sua sala da pranzo nella casa di Roma, sul Colle Quirino e Mario, spiritosamente, l’aveva dipinta con alcune bandiere rosse, per nulla provocatorie in quel luogo dove sedevano per lo più gente di potere , di certo non vicina alle aspettative del popolo !  Nelle stanze sopra il Museo Napoleonico si parlava con rispetto delle sue opere senza capirle veramente e forse per questo facendosene affascinare ancora di più : un via vai di persone  di ogni ceto, tutte innamorate di Mario , dell’artista del momento; tutte colme di felice egoismo quando potevano passare, in quella “casa delle meraviglie”, alcune ore della loro esistenza e sentirsi contagiate dal pensiero del Maestro per provare la convinzione di essere cambiati, come lo erano davvero anche se impercettibilmente.
Quando la stella di Mario cadde , non uno di loro rimase.

 La stanza dei giochi a casa di Mario, dietro si intravede il vecchio Palazzo di Giustizia

Mario fu arrestato per possesso di trenta grammi di cocaina, all’epoca il possesso era considerato illegale, e , per non mandarlo in carcere, lo spedirono a Santa Maria della Pietà, il manicomio di Roma.
Non esisteva ancora la Legge 180, “Basaglia”  e i manicomi richiudevano allora inumanamente al loro interno chi soffriva di disturbi mentali.
Andavo ogni giorno a trovarlo a Santa Maria della Pietà, attraversavo i lunghi cortili all’aperto bordati da alte reti alle quali si attaccavano i malati considerati ‘ meno pericolosi per il sistema sanitario ’che ti invitavano a fermarti chiedendo di offrirgli una sigaretta. Alcuni la fumavano subito, altri la nascondevano con riconoscenza per utilizzarla quale merce di scambio dopo, altri ancora approfittavano del gesto per prenderti la mano e toccarla, per cercare un  contatto umano inesistente in quel lager.
Straziante !

             Malati  noi…o loro ?

Sconvolta da tutta quella silenziosa sofferenza arrivavo in fondo al Padiglione XIX° , salivo i pochi gradini per entrare in quella struttura completamente spoglia di arredi: le pareti verde chiaro e il pavimento di mattonelle grigie erano l’unico arredamento insieme ai grandi termosifoni bianchi, i finestroni con le grate nere e assurdi quadri che ritraevano malati urlanti in camicia di forza celesti…opere che qualche artista degenere era riuscito a far acquistare alla struttura a totale danno dei malati.

      Progetto del Padiglione arch. Edoardo Negri, Silvio Chiera 1909

A destra dell’ingresso nel corridoio si aprivano le porte di tre strette celle singole, all’interno un letto inchiodato per terra e senza lenzuola, solo una coperta scura e niente cuscino né altre suppellettili.Tutto lì !
Nel camerone adiacente  una decina di letti con sopra legati alcuni malati stretti da cinghie ai polsi e alle caviglie, il materasso impregnato dai loro umori che i malcapitati erano obbligati a farsi addosso.
Un giorno mentre aspettavo di vedere Mario , impegnato nella sua cella con il suo avvocato, fui attirata dalla richiesta di uno di quei pazienti : “Liberami, … liberami”…Mossa a compassione  da quello sguardo che vedeva in me la sua ultima speranza, imprigionato come era , nudo sul suo letto di tortura, lo slegai…
Potei così recepire nei suoi occhi la felicità per la ritrovata libertà, attimi di immensa gratitudine . Peccato che , dopo pochi secondi, si mise a saltare per la gioia in lungo e in largo per il padiglione liberando tutti gli sventurati compagni : un bordello inenarrabile !
Arrivarono due mastini , due omoni immensi che li afferrarono di peso , ad uno ad uno, povere persone senza cervello, legandoli di nuovo ai loro letti di contenzione. Per me vi fu la esclusione dalle visite.
Da quel momento per entrare dovevo farlo di nascosto, proibito il mio passaggio alla entrata, dovevo raggiungere il padiglione di Mario passando da un buco sulla rete di cinta esterna…

      Il Padiglione dei Tranquilli…visto dall’esterno

Mario pagava agli energumeni e al capo reparto ogni concessione, non faceva altro che disegnare per loro fino a quando i quadri non furono più sufficienti alla loro avidità e il denaro si sostituì come viatico ai permessi. Credo per lui sia stato ancora più avvilente accorgersi come la sua arte non bastasse più.

Un giorno non mi fecero più entrare nella cella ,allora depositai una rosa, in mezzo alle grate della finestra  di Mario, per fargli sapere che ero stata lì, non l’avevo dimenticato . Lui si sporse e mi gridò “Per carità Eli non venire più, mi stanno massacrando…”
Quella rivelazione mi colpì profondamente , non volevo essere causa di altri mali per lui, ma lo ero stata! Piangevo mentre uscivo dalla porta principale, il cuore dai mille battiti prosciugava la salivazione, negli occhi le immagini di tutte quelle mani attaccate alle reti, imploranti : “ tirateci fuori, tirateci fuori…qui ci sono bestie non dottori”.
Durante le mie prime visite ‘ufficiali’ Mario mi aveva raccontato come alcuni malati, a cui erano somministrati sedativi, si intrufolassero nella sua cella per rubargli le sue medicine che erano invece toniche. Per questo motivo nessuno lì dentro seguiva la cura adatta al proprio malessere ma il suo esatto contrario. Spesso si accendevano liti tra i malati per appropriarsi delle medicine degli altri che costituivano anche merce di scambio. Tenute in bocca venivano poi sputate per essere scambiate con altre dagli effetti opposti. Un odore di urina impregnava tutto.
Mario, nativo del segno della vergine, prendeva , da artista quale era , quell’esperienza come un percorso della propria vita con cui la sua arte, la sua persona si sarebbero potute arricchire.
Non aveva preso in considerazione la bramosia degli uomini che fin quando gli riuscì lo tennero prigioniero per spremerlo sino all’osso. E succhiata ogni sua sostanza lo buttarono via alla fine, quando ne furono sazi, come una cosa senza alcun valore , come tutti gli altri….


Quanti quadri avrà dovuto firmare?

La legge 180 “Basaglia” ha messo la parola fine a quei luoghi di dolore e sopraffazione : il giorno di chiusura del manicomio di Santa Maria della Pietà sono andata anche io a festeggiare davanti ai suoi cancelli chiusi, ai padiglioni svuotati, felice di sapere come quei poveri esseri ora erano altrove, sicuramente in condizioni più umane. Posso immaginare come solo uscire fuori da quel lager abbia potuto significare per loro una sensazione impagabile di libertà, la gioia di potersi riappropriare dei propri diritti…anche solo in parte.
La libertà è il valore fondamentale di ogni essere umano, per questo chi commette un reato viene condannato a perderla . Ma solo quelli che li hanno commessi devono subire la privazione dalla libertà non certamente i malati mentali , che sono senza colpa alcuna.
Nell’attimo quando si nasce e si muore siamo liberi, non oppressi da leggi e consuetudini, al di là di ogni prevaricazione…forse per questo la libertà è considerato il valore più alto della nostra cultura.


Idee Libere… di circolare

Nell’educare i figli, nell’impostare un rapporto si deve , a parer mio, considerare l’elemento libertà come intoccabile, abituandoci a vederlo come indissolubile dalla persona che è davanti a noi.
Anche in amore c’è un momento in cui bisogna sapere lasciare andare chi si ama…
Se si riesce si proverà una grande gioia perché ridare la libertà significa essere, noi stessi, liberi dalle catene del possesso…

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