Occorre fare un passo indietro, retrocedere dai ricordi di quell’anno, il 1974, durante il quale avevo perso mia sorella Halina, per ricuperare gli ultimi episodi di vita ancora non narrati. Quella vita che, a breve , mi sarebbe scivolata tra le dita nella ineluttabilità di un destino contro il quale avrei dovuto lottare per vincere la mia emancipazione e rigenerami con una nuova identità. Mi sarebbero tornate utili tutte quelle occasioni di crescita che , fino dalla più tenera età, hanno accompagnato il percorso di ognuno di noi.
Sposata con Carlo da solo un anno vivevo , giorno dopo giorno, la mia esistenza senza alcuna consapevolezza : mi lasciavo trascinare dalle emozioni e dai desideri, ebbra di libertà e non provavo nemmeno lontanamente ad esaminare quale fosse il disagio nascosto nel profondo del mio cuore.
Quale il tarlo che lo rodeva al suo interno e mi impediva di costruire una esistenza quasi non ve ne fosse una altra degna di esistere, oltre a quella che mi era stata sottratta da piccola.
La divisione dei miei genitori aveva lasciato un brutto segno e l’abbandono, sofferto in seguito alla loro separazione, non si era colmato negli anni.
Gli esseri umani erano imprevedibili, incoscienti e,…se lo erano stati, nei miei confronti, coloro che mi avevano messo al mondo…figurarsi tutti gli altri! L’abbandono,il rifiuto,l’allontanamento erano sinonimi per me della stessa parola: solitudine.
…poco prima di essere punta dall’ape !
Ricordo , quando ero proprio piccola , una estate passata in montagna, a Monesi,da mio padre Ingo: avrò avuto circa sette anni. Almeno questa è l’età che si desume dalla fotografia in mio possesso perché, per quanto mi riguarda, ho sempre vissuto nell’anno zero, nel senso che i ricordi scorrono, per me, orizzontali come nel procedere di una parata vista dall’alto e il criterio con cui li analizzo è sempre lo stesso, fossi io all’inizio della mia vita o ieri l’altro !
Ero giunta in visita a mio padre, quell’anno, nell’albergo in montagna da lui costruito con mia madre e gestito con la sua nuova donna , la ex governante delle mie cugine.
La piccola struttura era stata edificata interamente in legno, sulle scale correvano guide rosse sulle quali mi piaceva sedermi per osservare lo svolgimento della vita al suo interno.
Sul piazzale antistante svettava un pennone con la bandiera italiana e , tutto intorno vi era un tripudio di fiori . C’erano tante piante di margheritine colorate, fucsia, e moltissimi gerani fioriti…una mattina, mentre giocavo spensierata con le corolle di quei fiori, una ape mi punse!
Fu tale la sorpresa nel conoscere quel dolore inaspettato che serrai la mano a pugno e cominciai a piangere disperatamente.
La vita mi aveva riservato un nuovo dolore proprio quando ne assaporavo la magnificenza.
Piansi e piansi, ore ed ore…fino a sera ininterrottamente .
Nessuno riuscì a farmi aprire la mano; il dolore , che era solo il mio, e, almeno in quello doveva restare,si accomunava al dolore provato per la perdita di mio padre che, la notte prima, mi aveva lasciata per andare a dormire, nella stanza attigua alla mia, subito raggiunto da quella che mi avevano insegnato a chiamare “tata”. Rimasta sola avevo provato ad origliare alla parete di compensato che ci divideva per entrare poi , raccolto il coraggio, nella loro stanza e… da sola ora racchiudevo, nella manina stretta, il mio dolore.
Mio padre si disperava, vuoi per lo strazio di sentirmi piangere da otto ore, vuoi perché inconsciamente percepiva, ma non capiva, il disagio maggiore.
Fu una frase sentenziosa, detta da lei, a sbloccare la situazione …alle volte la cattiveria espressa dagli altri è lapidaria! Disse: “ Portiamola all’Ospedale così le tagliano la mano e avrà una ragione per piangere”…
Alzai gli occhi verso di loro e , aprendo contemporaneamente la manina, esordii con un sorriso angelico :
“ Non mi fa più male!”
Ecco perché, forse, in seguito a questo disgraziato episodio, nel 1973 vivevo in maniera del tutto inconsapevole e non ero in grado di dare un valore alle persone, a me vicine, per la paura di perderle.
La paura è quel sentimento che ci mette in condizione di precludersi proprio davanti all’oggetto del nostro desiderio. La paura è irrazionale, caotica e porta a perdere ciò che più amiamo.
Allora vivevo la vita alla giornata che trascorrevo au but de souffle, all’ultimo respiro, correndo da un avvenimento all’altro senza sosta.
Il giorno lo passavo precipitandomi dal set che Carlo stava preparando, come aiuto regista, per realizzare il film di Alberto Sordi, ‘Polvere di Stelle’, alla casa dei miei amici ai Parioli dove, tra spinelli e battute goliardiche, passavo il giorno residuo.Il tempo della superficialità era al suo culmine !
Ogni sera per me e Carlo era una occasione di divertimento, frequentavamo il Salone Margherita e il Pouff dove si esibivano gli allora esordienti cabarettisti Cochi e Renato, che sostenevo personalmente con la mia claque e non solo…
A notte fonda ricevevo la telefonata da Renato Pozzetto che , all’alba, quando Carlo usciva , raggiungevo… euforica di conoscere una parte della vita a me ancora non nota…
Monica Vitti e Alberto Sordi in Polvere di Stelle
Nell’estate di quell’anno 1973 firmai due ingaggi davvero speciali: dovevo girare un film come protagonista con il titolo di “Sedici Anni” e prendere parte con un piccolo ruolo al film con Monica Vitti e Alberto Sordi, dal titolo “Polvere di Stelle”. Avrei sostenuto la parte di una cantante lirica americana che si innamorava dell’Albertone nazionale con il quale comunicava rivolgendogli frasi d’amore solo e rigorosamente cantando. Avremmo lavorato ad Anzio e al Teatro Petruzzelli di Bari , di fronte ad una intera platea composta da veri soldati dell’esercito italiano!
A Bari il teatro prima dell’incendio
“Sulle…sulle labbra, dolcemente,un bel baaacio…ti darei ” cantavo ogni giorno ripassando la parte e ripetevo l’inizio del pezzo che avrei dovuto gorgheggiare in scena. Gli amici erano entusiasti, tutti volevano partecipare alle lavorazioni dei film anche solo come comparse o figurazioni speciali.
Mi impegnai e riuscii a farli assumere tutti e in tutti e due i film. Giovanni Saint Just ebbe il privilegio di partecipare anche ad una scena nel ruolo di attore, non so però con quanta soddisfazione da parte della sua, rigidissima, famiglia !
Mentre danzavo, sul set, con Alberto Sordi cantandogli , in play back, l’aria da me imparata a memoria intorno a me ballavano tutti i miei amici: Carlo e Giovanni Saint Just, Boni Spinola e suo cugino Carlo, Stefanino Almagià, Franz Catalano. Avevo preso una cotta platonica per Carlo Saint Just, era così fragile eppure così deciso…ricco di valori che mai avrebbe disatteso per iniziare una storia d’amore con una ‘donna’ sposata. Questo mi affascinava più di tutto in lui: non avevo la possibilità di sbagliare standogli vicino, non me ne avrebbe dato modo…rigido come era su quelle convenzioni morali che poi sono il sale della vita. William Shakespeare in “Giulietta e Romeo” fa sentenziare da frate Lorenzo : “Poi dicono che le donne cascano…per forza se gli uomini non stanno in piedi !” ( ndr. “ Women may fall, when there’s no strenght in a man”).
Ah se mio padre e mia madre le avessero seguite anche loro invece di incarnare al pieno i loro personaggi dal carattere provocatorio e dissacratorio…
Eppure, nel nascere, li avevo scelti io ! Doveva esserci un buon motivo!
Giovanni Saint Just …caro e nobile amico!
Ricordo, in quell’estate, l’imbarazzo provato in scena dal fratello di Carlo Saint Just, Giovanni, nell’interpretare la parte del mio seduttore. La scena prevedeva di mostrarlo svestito, anche se non completamente, nell’atto di cogliere il frutto del mio amore . Ne venne fuori una scena davvero delicata grazie anche a tutta la vergogna che trapelava dal protagonista. Fu forse per questo particolare che il film “Sedici Anni” ebbe così tanto successo, la regia di Tiziano Longo fu soave e gli incassi non si fecero attendere…superò il miliardo di lire che all’epoca davvero non era poca cosa.
Locandina del film
Io andavo e venivo da casa nostra , spesso lasciavo Carlo passare le notti da solo gettandolo nelle più cupe angosce e non me ne prendevo cura. Pensavo solo a correre dietro al divertimento, alla possibilità di trascorrere il tempo e le notti insieme alle persone che avevo eletto a miei amici.
Ero a Porto Ercole a festeggiare le vittorie di Mark Spitz alle Olimpiadi di nuoto, ero a Venezia al ballo a Palazzo Volpi, ero..sempre da sola. E Carlo?
L’immagine di Mark Spitz che faceva sognare
Carlo mi aspettava disperandosi a casa, in Via Sistina fin quando un giorno, al mio ritorno, mi disse:
“Eli vieni stasera agli stabilimenti della Safa Palatino : c’è la proiezione del tuo film”
Ero davvero felice, Carlo …aveva compreso la mia follia e l’aveva perdonata addirittura invitandomi all’anteprima di “Polvere di Stelle”, il film in cui riponevo ogni speranza di successo.
Davvero Carlo non finiva di stupirmi.
Quando entrai nella sala della proiezione c’era ancora la luce e tutti , nel vedermi, smisero di parlare : si fece il silenzio totale. Ne rimasi impressionata, presi posto con il cuore in tumulto , grave di foschi presagi.. Scese il buio…una mano si appoggiò sulle mie spalle, era quella di Alberto Sordi …”Eli non è stata colpa mia!” mi sussurrò…per poi sparire nella oscurità della sala.
Mi alzai e corsi fuori a dar sfogo al mio dolore, piansi lacrime amare…non vi era bisogno di restare per capire che cosa avesse voluto dirmi.
La mia parte era stata tagliata e non da lui…. La famiglia di Carlo mi aveva chiuso i battenti di quel mondo a cui tanto aspiravo. Il cinema di serie ‘A’ era morto per me…Carlo era stato vendicato.
Per giorni e giorni portai avanti la mia tesi, secondo la quale non ci si poteva rivalere di un torto subito colpendo una persona sulla salute o sul lavoro in quanto erano e sono, per me, valori intoccabili.
Ma di tutti i valori della vita me ne mancava uno, il più importante !
Non consideravo quello della famiglia che io, nei confronti di Carlo, avevo così tradito ed oltraggiato.
Non ne ponderavo l’importanza perché io stessa non ne conoscevo il rilievo.
L’avevo persa da piccola, la mia famiglia, e per me, semplicemente, non esisteva più.
Anzi non riuscivo a capacitarmi come , raccontando questo disgraziato episodio, i miei interlocutori non si schierassero dalla mia parte.
L’aver mancato di rispetto al mio lavoro, dal quale proveniva anche il mio sostentamento, era per me la più grave delle privazioni.
Non riuscivo a perdonare a Carlo quell’inganno e, ritenendolo responsabile, cominciai ad allontanarmi anche sentimentalmente da lui perché ritenevo mi avesse tradito.
Con Carlo e Stefanino Almagià partimmo per Londra ma, con lui, non divisi mai più il letto né la stanza.
Un pomeriggio, al mio ritorno nella nostra casetta di Roma, trovai Carlo in camera con una attricetta…
Anche se avevo disatteso, io per prima, al vincolo del nostro matrimonio non lo avevo mai fatto a casa nostra, sul nostro letto…circostanza questa, per me, gravissima!
Avevo una bella confusione di valori in testa, davvero!E nessuno che mi aiutasse a correggerla!
Quella sera raccolsi tutti i miei vestiti in un lenzuolo, chiamai un taxi e mi trasferii in una camera singola all’Hotel Plaza in via del Corso.
La scalinata all’entrata e il logo
Chiesi al portiere di pagare la corsa…come al solito non avevo con me sufficiente denaro…
La mia storia con Carlo era conclusa. Sapevo di essere stata dalla parte del torto e non volevo nulla da lui, nessun oggetto che fosse appartenuto al nostro breve e disgraziato matrimonio, neanche una valigia…
Avevo assistito alle liti dei miei genitori, durante la loro separazione, almeno in questo sarei stata diversa : non avrei preteso alcunché per il mio sostentamento futuro.
La faccenda si sarebbe chiusa , per me , nel modo più civile!
In coscienza sapevo di aver disatteso la mia promessa, sapevo di aver avuto altre storie d’amore mentre condividevo il suo letto, di essere restata in cinta di un amore milanese e di avere abortito, per la seconda volta, senza coscienza alcuna. Davvero potevo recitare solo un ‘mea culpa’.
Nel ripensare a quei momenti, ora, provo un sentimento di raccapriccio misto a tenerezza per la mia assoluta mancanza di discernimento, la mia totale assenza di comprensione dei valori della vita…quasi non ne possedessi alcuno tranne quelli più superficiali…
Povera Eli quanta pena mi fa la confusione in cui vivevi.
Sul set della Prova d’Amore
Quanto spreco di tempo, sentimenti e vite!
La mia precaria esistenza continuò, alla fine di quell’anno ricevetti l’ingaggio a girare nel ruolo di protagonista “La Prova d’Amore”… un seguito al primo, fortunato film di Tiziano Longo.
In fondo la mia carriera continuava anche se in serie ‘B’…ma io non lo avevo ancora capito !