Sopravvivere ai veleni dei Borgia

In un palazzo patrizio vicino al ghetto Ebreo a Roma avevo avuto un esperienza fuori dal tempo: perso ogni legame con la realtà mi ero fatta coinvolgere, mio malgrado, dai fantasmi di quella dimora antica e avevo deambulato per i suoi stretti corridoi sino a giungere all’alba con un fardello ben più pesante di quando vi ero entrata.

                                                      Dante Gabriele Rossetti : Lucrezia Borgia

Il palazzo, dimora di Lucrezia Borgia ,aveva ancora intriso nelle sue pareti il ricordo del sangue , dei veleni, della pazzia che aveva dominato per secoli l’anima di chi lo abitasse , possedendola indistintamente da chi fosse…portandola a vivere nelle ore della notte le stesse azioni efferate che avevano contraddistinto quella famiglia patrizia.
Negli anni ’70 era stato affittato da un oscuro individuo dal nome di Pierluigi Torri , uomo estremamente ricco quanto villano, comparso dal nulla sulla scena romana soleva invitare i nottambuli cittadini a lunghe conviviali…feste di piacere sino all’alba !
L’avevo conosciuto a Cortina un anno prima durante il Natale del 1970 quando in compagnia di Franco Rapetti l’avevamo incontrato nella hall dell’Hotel Posta.

                   Hotel Posta

Noi passavamo tutti i pomeriggi a giocare d’azzardo a carte, a Singapore, dico noi perché io ero considerata  la mascotte, la porte bohneur e bastava mi sedessi  a fianco di Franco al tavolo da gioco perché le carte lo favorissero e la fortuna volgesse le spalle agli altri giocatori, tra i quali si trovava anche quel tetro individuo.  Ogni poro della sua pelle emanava cattiveria quando chiedeva a Franco di farmi allontanare dal tavolo motivando che , secondo lui, gli portavo male…perdeva perché io ero lì…Ed io, invece di coprire di indifferenza  quella affermazione, riuscii a rispondere :”Se c’è qualcuno che porta sfortuna quello è sicuramente lei…non era forse stamani sulla pista dove c’è stata la slavina? ‘ …pessima boutade e di cattivo gusto, lo ammetto! Da quel momento credo abbia deciso di far pagare a quella sfrontata ragazza l’insulto ricevuto…lo sottolineò lanciandomi un occhiata di fuoco densa di foschi presagi.
La realtà della sua sfortuna a carte era molto più semplice: oltre ad essere la mascotte di Franco ero soprattutto la mano vergine che mischiava le carte…e nel preparare i mazzi riuscivo sempre ad inserire quelli che in gergo si chiamano “salami”, tre mani di carte a favore nostro…la partita era truccata non la fortuna!!!

Furioso per le continue perdite girava per Cortina con una Rolls Royce  che male si accordava con il paesaggio innevato, con quelle stradine strette colme di neve…non riuscì a mandarmi via dal tavolo da gioco ma la storia non finiva lì, me lo promise, era solo rinviata…
A Roma una sera di un anno dopo all’uscita del Number-one ci invitò a casa sua  per bere un po’ di champagne.

                        Palazzo Borgia al Ghetto di Roma

Entrai nel tetro palazzo Borgia con timore, c’era un aria di ingiustizia latente e sentivo una forte sensazione di freddo aleggiare sul mio corpo. Due particolari da interpretare come presagi che avrebbero dovuto farmi soprassedere a quell’invito…ma non eravamo soli, oltre a Franco c’erano alcune modelle inglesi molto sexi , il ragazzo di Pilar Crespi, Stella Pende e altri nottambuli irriducibili … Entrai… forte della compagnia.

        Pinturicchio: soffitto dei Santi

Seduta nel salotto bianco ammiravo gli affreschi dei soffitti di quella dimora medioevale…sentivo il rumore del tappo dello champagne volare via , i calici riempirsi e lui  offrirmene uno….non potevo sapere che miscela esplosiva c’era in quel bicchiere, come il padrone di casa, non visto, vi avesse fatto scivolare una polverina al suo interno…Dopo il brindisi comune mi chiese di accompagnarlo da Franco che nel frattempo si era eclissato, mi alzai e lo seguii lungo uno stretto e basso corridoio, una specie di via di fuga, un passaggio segreto che correva lungo tutta la casa per arrestarsi davanti ad una piccola porta socchiusa…” Ora guarda” mi diceva spingendomi in avanti e socchiudendo l’uscio si offriva al mio sguardo la prospettiva di un gran letto matrimoniale con sopra disteso Franco ,  non potevo vederne il viso ma intravedevo il suo corpo e quello di un’altra donna bionda… restai come affascinata da quella bellissima modella vestita di finto leopardo che con movenze sexi, talmente femminili da essere quasi feline, lo cavalcava agitandosi sul suo corpo, lo eccitava strofinandosi sopra, gli sbottonava i pantaloni, strappandogli sospiri di piacere…Pierluigi mi teneva per le spalle ” Bello,vero?…aspettami qui che torno con gli altri” ….Mi sentivo la testa appannata mentre restavo inchiodata davanti a quella porta ad ammirare ammaliata quel gioco d’amore. Poi qualcosa mi fece muovere , tornai sui miei passi lasciando Franco al suo piacere ed incontrai il ragazzo di Pilar che per primo aveva ubbidito all’invito del padrone di casa venendomi incontro…ai miei occhi sembrava un avvenente Lancilotto, ci prendemmo per mano ed insieme ridendo salimmo delle scale per finire in una stanza senza finestre , buia.

                                                      L’amore incontra Lancillotto

Mi sentivo ebbra , avevo voglia di baciare il mio giovane compagno …c’era un gran letto al centro ma non so, non ricordo più, non so i contorni ne i particolari di quel posto…so solo che cominciammo a toccarci e le carezze in un attimo fecero sì che fui sua…per poi svegliarmi da quel torpore…giusto il tempo di realizzare sul fondo del corridoio una voce che incitava “trovateli…devono essere finiti da qualche parte”, poi  la porta della nostra stanza che si spalancava con forza e tutti gli invitati erano testimoni dei nostri corpi denudati con troppa fretta dal desiderio …eravamo ancora stretti una all’altro…La rabbia del padrone di casa  era grande…non era arrivato lui in tempo a farmi del male ..ero stata più veloce …mi ero salvata nelle braccia di quel ragazzo facendo l’amore in modo naturale con lui anche se proprio naturale non era …spinti come eravamo stati da altre sostanze che definire liberatorie sarebbe stato davvero poco!

                                      Secolo XVI Galleria Uffizi Firenze : Cesare Borgia

Quello che importava era essere sfuggita alle trame ordite da quell’uomo che novello Borgia voleva cambiare le cose adattandole alla sua natura, ai suoi desideri , alla sua sete di vendetta…anche se non era stato piacevole farsi ritrovare nudi avvolti solo in un abbraccio… scoperto e deriso dal gruppo di persone che si era portato dietro per realizzare il suo piano di sopraffazione almeno a metà. Già… non sarebbe stato facile spiegare agli amici quello che era successo , era una ferita inferiore a quella che sarebbe potuta essere ma faceva male. Persa l’amicizia  con la bella e dolce Pilar…non avrebbe mai perdonato la nostra infantile fuga in quella stanza senza sbocchi complici i nostri sensi che stimolati innaturalmente ci avevano fatto unire come due animali spinti solo dal desiderio di soddisfare una carnalità prevaricando qualsiasi ragionamento. Mi chiedo cosa sarebbe successo se il gruppo mi avesse trovata ancora in quello stretto corridoio, immobile ,quasi ipnotizzata dal fascino indotto da quella visuale erotica…non so e non  voglio sapere i passi successivi di quel piano stile Borgia ambientato in quel tetro palazzo romano il cui spirito ebbro di ingiustizia aleggiava ancora nell’aria ed era forse più presente di noi stessi… solo il caso gli era stato superiore e aveva permesso il cambio del corso di quella storia…da noi afferrato al volo aveva fatto incontrare due ragazzi sottraendoli alla libidine a cui erano destinati. L’indomani sarei stata sulla bocca di tutti e siccome non ero io l’artefice di quella avventura ma solo la dicissettenne protagonista …non avevo argomenti al mio arco, ero una vittima e le vittime si sa per l’opinione pubblica sono più colpevoli dei veri colpevoli per la sola pecca di essersi fatte coinvolgere…in più il fatto di essere cresciuta da sola con mia madre in assenza dell’altro polo educativo aveva stimolato in me una straordinaria insicurezza  che in questo frangente non mi avrebbe davvero aiutato …ma ormai i giochi erano fatti e la mia vita doveva ripartire scansando il fango residuo.Dimenticai l’episodio relegandolo in un angolo oscuro della mia coscienza fino a poterlo esorcizzare per sempre oggi… nel racconto di queste poche righe.

                                                     Il Sorpasso

Ripresi la mia vita e in una calda mattina di inizio estate 1971 mi si presentò una grande opportunità: dovevo incontrarmi sul set del film “In nome del popolo italiano” con il regista Dino Risi l’autore del “Sorpasso” e “Una vita difficile” che cercava una ragazza per interpretare il ruolo di Silvana Lazzorini, la giovane amante di Vittorio Gassman .

                                                             Gardenia e facciatosta

Arrivai vestendo un paio di hot pants da capogiro, abbronzata, unghie laccate rosse, una gardenia all’occhiello della giacca, atteggiamento menefreghista…ero davvero perfetta per la parte e… fu mia ! L’indomani si girava la scena dell’obitorio, ero distesa nuda sul tavolo di marmo coperta  fin sotto i miei piccoli seni solo da un lenzuolo bianco.

                                                  Foto di scena

I miei occhi azzurri dovevano rimanere aperti ed immobili nel rigore della morte perfezionando il fascino di quella ripresa, la voce del regista si sovrapponeva a tutto :mi piaceva quell’intercalare un po’ snob, quell’erre non completamente espressa, il riso trattenuto con il quale finiva ogni sua frase comunicando l’allegria a tutti i presenti e decontraendo le possibile ansie.
Sul set si lavorava in armonia grazie al fascino che emanava dal suo direttore , solo responsabile.
Non so come e con quali parole ma presto molto presto ci ritrovammo assieme al nostro primo appuntamento : veniva a prendermi in via di Novella al quartiere Salario con la sua Mercedes rossa Coupèe, sempre abbronzato con quella bella testa di riccioli bianchi da cinquantenne, le idee ben chiare su come passare il nostro tempo!  I  pomeriggi trascorsi nella garçonniere , dietro alla via Cassia a Poggio delle Rose,  mi istruivano sulle tecniche d’amore impartite da una persona tanto più grande di me al cui fascino non mi potevo negare. Non lo facevo per aprirmi una strada sul lavoro ma perché provavo una irresistibile attrazione per quell’ uomo che poteva essere mio padre e dal quale mi piaceva farmi amare..così il mio disinteressato amore poco alla volta lo fece innamorare.

                Durante una pausa con  Gassman, Tognazzi e il produttore Amati

Ma io ero libera.. troppo  libera per la mia giovane età e riuscivo ad amare senza legarmi mai. Dopo avere disdetto un nostro appuntamento  un giorno passò sotto casa mia per vedere con chi impiegavo il mio nuovo tempo …mi rimase per sempre impressa l’ultima immagine della nostra “storia”: la Mercedes rossa che risaliva la via, il suo viso rabbuiato , la chioma bianca che si allontanava dalla mia vita …mentre salivo sulla macchina del mio nuovo amore….Grande passione,… grande cuore…grande Dino.

                                                      Dino Risi

Ci sono mille modi di amare  ma la tenerezza del sentimento si sente quando è avvolgente, quando sopraffà qualsiasi ragionamento… tanto credo si ami per davvero. Ero stata protagonista dell’amore di una grande persona per uno scricciolo della natura, una faunetta così forte da essere  sempre se stessa …forse questo l’aveva affascinato sopra ogni cosa.

           Oreadi

Così era successo al sarto Oleg Cassini ormai sessantenne quando aveva incontrato la bellissima Nadia ex ballerina di fila…doveva essersi fatto affascinare da tutta quell’armonia naturale di forme  che emanava dal suo corpo femminile scolpito, dal suo architettonico fondo schiena…
Vivevano  all’epoca la loro storia d’amore al centro di Roma a palazzo Torlonia davanti all’Hotel Inghilterra e all’atelier del sarto Valentino. Mi piaceva molto uscire con loro, condividere con Nadia quella innata capacità di essere naturalmente sexi,  era così spiritosa con quell’accento americano che si mischiava allo stentato italiano.

                  Oleg Cassini

Non c’era da meravigliarsi che Oleg avesse voluto farla diventare sua moglie quasi a dar valore a quella follia senile che aveva la forma e la sostanza della cosa più giusta fatta in tutta la sua vita. Non durò per sempre ma ogni attimo gli concesse la totale felicità riempiendo ogni spazio di pura bellezza, ogni azione di vita. Quale regalo migliore per un esteta avere al suo fianco una simile meraviglia, una tale freschezza d’animo colma di eleganza, di charme, di sana follia. Conta quello che hai fatto nella vita ma soprattutto ciò che stai facendo che deve essere pari alla somma di tutta la conoscenza acquisita e  Oleg era riuscito a riunire tutto il glamour femminile, imposto a migliaia di modelle alle sfilate,in una personale passerella di attimi di vita tutti indossati da Nadia, sola interprete del suo mondo ideale.

                                              Il fascino di Nadia Cassini

L’ideale…quante volte si era già infranto il mio di ideale davanti all’ignoranza e alla cattiveria del mondo. A sedici anni  non possedevo molti capi di abbigliamento, mettevo sempre le stesse cose e tra queste prediligevo un paio di pantaloni di pelle beige con le frange alle ginocchia comperati da New Man a Parigi. Un venerdì la mia “amica” Stella Pende me li chiese in prestito per restituirmeli la domenica sera …senza le frange! Le aveva tagliate via perché senza i pantaloni le piacevano di più…l’ideale di un amicizia crollò miseramente di fronte ad una simile prevaricazione…
Ancora oggi sto cercando di scovare quel paio di pantaloni …ma senza successo: impossibile trovarli! Aveva voluto privarmi di uno strumento del mio fascino personale o più semplicemente li aveva adattati alla sua personalità prevaricando egoisticamente ogni mio diritto?  Non ne aveva capito la bellezza o se ne era resa conto decidendo di privarmene? Una cosa era certa …non poteva essere più una mia amica….

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