Bambù: la vita è un soffio

Nuotavo nell’acqua azzurra della piscina, vasca dopo vasca i pensieri diventavano anch’essi più liquidi, perdevano la razionalità diventando immediati e non più sequenziali…mi sorprendevano nel mio percorso…nuotando a rana mi lasciavo scivolare nell’acqua dopo ogni spinta assaporando la gioia di essere senza peso, di volare in un mondo dai contorni azzurri con solo una striscia nera che  faceva sembrare la vasca uguale ad una ideale pista di atterraggio. Il raggiungimento del Nirvana, annullare tutti i pensieri, impegnandomi a contare le vasche riempivo la testa solo di quei numeri….venti….ventuno….sino a quaranta. Ogni tanto un pensiero affiorava preponderante e mi faceva perdere il conto.
Mi ero chiusa felicemente in me stessa, non attendevo più nulla dal mondo e tutto sommato riuscivo a vivere in pace senza desiderare altro affetto…bastavo a me stessa..
Qualcuno mi avrebbe risvegliata  da quel torpore, da quella finta soddisfazione di vita.
Si dice la nostra anima sia una macchina che si autoripara e proprio quando  l’emotività sembra essere sparita ecco che succede qualcosa che risveglia il nostro cuore, le emozioni ritornano a farla da padrone e sconvolgono ogni percorso prestabilito creando nuove vie.

E’ successo quest’anno nel giorno dell’Epifania quando a casa è arrivato Bamboo, quarantasette giorni di vita ed energia…un piccolo levriero italiano dal mantello grigio…proprio il cane dei miei sogni!

                                      Bamboo da piccolissimo

E’ arrivato in una borsa termica con la sua copertina, la paperetta di pelouche portata come primo trofeo di caccia . E’ arrivato accompagnato dalla sua splendida famiglia , tipo carica dei 101, la timida Swamy tutta nera con il muso lungo lungo,il papà campione Obi, Oberon  dal mantello grigio come il suo e Sally, la compagna dei primi giochi. Tutti insieme hanno invaso la mia piccola casa prendendo possesso di ogni angolo di vita…prima il divano, poi la poltrona, le sedie,il letto…tutto,proprio tutto è stato visitato da quella allegra brigata. Io ero contenta così, volevo restassero i loro odori in modo da far sentire a casa il cucciolo che procedeva con l’olfatto ad esplorare la sua nuova casa per poi rigettarsi di corsa nella più sicura e familiare cuccia termica.

                                              Nella sua prima cuccia

L’ultimo mio cane si chiamava Già e durante il mio viaggio nel 1974 in Afghanistan l’avevo dovuta lasciare in campagna ad Umbertide da Serghiei, il mio amico Sergio Baldi. Al mio ritorno lei aveva sofferto tantissimo, gli occhi spenti colmi solo di una immensa tristezza. Ci eravamo incontrati sulla spiaggia di Sperlonga dopo una notte insonne, una piccola cirneco dell’Etna imbastardita con qualche altra razza, intelligentissima aveva diviso con me due anni di vita…prima della mia partenza…poi…il dolore di quell’abbandono l’aveva stroncata…ed io non ero stata più capace di prendere un altro cane. Mi sentivo colpevole della sua infelicità dovuta dal fatto che tutto l’affetto che le avevo saputo dare nei suoi primi anni di vita  l’avevano fatta sentire orfana quando l’avevo abbandonata per quel viaggio in Oriente.

                                                     La mia Già

Nel 1975 abitavo a Roma in Via dei Cappellari , dietro Campo de’Fiori…ero distesa sul letto e lei entrò nella stanza  mentre stavo ricercando il piacere da sola…mi guardò nel profondo degli occhi con tanta malinconia e si avvicinò alle mie gambe mordendomi delicatamente il centro del piacere dandomi un immediato godimento…Uscii sconvolta da quella esperienza: mi aveva fatto godere in un attimo…sapeva  come si doveva fare e la malinconia nel suo sguardo significava proprio che avrebbe condiviso con me il suo segreto. Non si trattava di gestualità da compiere ma di intensità del sentimento a portare al godimento immediato. Si dava per raggiungermi, lo faceva senza schemi e senza protezioni.
Non successe mai più ma io per sempre capii come gli animali hanno in dotazione più anima di noi e sanno dividere le emozioni in maniera diretta senza percorsi attraverso i quali raggiungerli. Grazie Già , grazie di tutto il tuo amore, di tutto l’insegnamento che hai voluto diventasse mio.

Così ora non avevo più il coraggio di affezionarmi ad un altro animale per non farlo soffrire e per non soffrire per lui..l’avevo comunicato ai padroni di Bamboo , Annalisa e Angelo.

                                                In braccio ad Annalisa

Non potevo abbandonarlo e nei miei futuri viaggi avrei avuto bisogno del loro appoggio, avrei dovuto contare su quella bella famiglia dove ricoverare il mio cucciolo, con la sicurezza che lì avrebbe trovato lo stesso affetto in maniera sufficiente da non fargli soffrire la mia partenza. Loro conoscono gli animali , ne sanno condividere le emozioni e sono in grado di dare affetto e dolcezza sempre.
Sapendo di non doverlo abbandonare in futuro ma garantendogli una sorta di marsupio dove aspettare il mio ritorno mi sentivo più sicura di poterlo prendere con me.
Di quella promessa di ospitalità  non ce ne è stato mai bisogno.

Pochi minuti prima della tragedia

Dopo nove giorni di vita passati insieme , proprio quando  Bamboo  ed io eravamo diventati un unico cuore…lui è volato nel vuoto dal terrazzo, è caduto a terra senza un lamento, la vertebra cervicale rotta e il mio cuore spezzato. Non finirò mai di piangerlo, di ricordare le sue zampine che si allungano sul mio viso per farmi sua, il musetto da cucciolo dispettoso che in attimo è fuggito alla vita lanciandosi nel vuoto. Una disgrazia di cui lui per primo non si è reso conto. Ma  so anche che ora soffre per avermi abbandonato e vorrei non fosse così, vorrei dirgli che presto saremo di nuovo insieme, vorrei solo ora riuscisse a riposare “requiescant in pacem”…che sono io ad aver fallito…non lui…io a non aver saputo proteggere la sua giovane vita piena di energia e dissennatezza.

Ad Alassio nella Villa Costabella in una tiepida giornata del 1956 mia madre mi aveva lasciata con le cuginette per l’intero pomeriggio. Quella che sarebbe poi diventata l’amante di mio padre, la signorina Vittoria si occupava come babysitter delle due mie più piccole cugine, Checca e Titti nate rispettivamente un anno prima e uno dopo di me.
Durante l’ora più calda lei ci portò in giardino, insieme alla mia cugina più grande Nini, a giocare sulle altalene in mezzo agli alti alberi del pepe .
Qualcuno mi spingeva sempre più in alto, tanto in alto da far sobbalzare ogni volta il seggiolino di legno…credo sia accaduto tutto in un attimo…lasciai la presa e…caddi.
Non ricordo quando sono arrivata per terra, la caduta è perduta nell’oblio ma porto con me l’immagine di quando mi trasportavano di corsa in casa. E’ impresso nella mia mente perché il ricordo che ne ho è senza tempo.In quel breve viaggio so di aver visto sottosopra gli alberi di mandarino nei loro grossi vasi di coccio, il cielo, la casa…ma li vedevo con gli occhi da grande….
Era una visione nuova…credo d’averla vissuta con il mio “es”, il mio spirito perché la sensazione era quella di essere senza tempo nel tempo, di vedere le cose con gli occhi da adulta, era una immagine nuova per me.
Non avrò mai modo di sapere se la mia vita è finita lì per continuare in una condizione parallela, l’attuale…o se in quel momento il mio spirito mi ha raggiunto aprendomi gli occhi sulla realtà che avrei vissuto con così tanto verismo.
Ricordo le mie manine che abbandonano la presa e poi una visione del mondo nuova …da grande!
Oggi soffro di vertigini e mi chiedo se siano dovute a quella caduta o se siano state loro a bloccare il mio istinto di sopravvivenza facendomi precipitare.
So solo che è stato un attimo e non mi sono accorta  quando ho toccato terra, gli angeli mi hanno sorretto forse, non ricordo di avere provato dolore…solo stupore …dopo.
Sarò ancora viva?

                                       Sul tappeto di casa…

Bamboo.. è stato…questa vita è troppo difficile da superare quando si ha un cuore così puro…non si riconoscono né si intuiscono i pericoli. In questo eravamo uguali, i nostri cuori si fondevano insieme quando ci scambiavamo affettuosità, quando lo sollevavo dal tappeto per farlo accoccolare su di me e lui si metteva  sull’incavo della spalla, sul petto e allungava il muso sul mio collo passandomi tutta la sua capacità di amore, facendomi tremare dentro per quell’onda di emozioni che sapeva donarmi. Quando si addormentava lo mettevo nella sua cuccia e lui si riaccoccolava vicino al compagno orsetto che ora stringo al collo cercando il suo odore, cercando di rivivere come fossi lui ciò che vedeva…che sentiva…

                              Con l’orsetto inseparabile amico

Bamboo: la vita è un soffio…mentre cercavo di rianimarti soffiandoti l’aria nei polmoni il tuo piccolo cuore ha cessato di battere e a me è rimasto nelle mani quel corpicino di velluto grigio che non avevo saputo proteggere. Bamboo scusami, scusami…il mio cuore è grave per il dolore che provo…piccolo cuore pieno di gioia ti ritroverò ancora e ancora giocheremo felici di essere insieme di nuovo.

Il suo bacio

Posso consolarmi  pensando che il tempo non conta , è l’intensità di come si vive a renderlo  pieno di felicità….ma nove giorni sono davvero pochi, è il battito d’ali di una farfalla…voglio che ora tu ti possa librare nell’aria sapendo che come ti ho trovato ti ritroverò e saremo più saggi tutti e due e non ci lasceremo più.

Cosa resta di una vita di nove giorni o di cento anni: niente se non l’intensità di quello che si è condiviso, nulla se non l’amore che si è provato uno per l’altro…questa è la vita…amore senza schemi…viversi appieno per non dovere poi pensare di non essere riusciti a farlo. Contano le emozioni, i baci, le affettuosità che siamo riusciti a scambiarci con i nostri simili. Come l’abbraccio con la tua mamma umana, Annalisa, fuori dallo studio del veterinario a Savona quando non c’era più nulla da fare per te.

                                Papà Oberon e zia Sally

Quella stessa sera la visita nella “nostra ” casa di Oberon,Swamy e Sally lì dove tu non eri più e già riposavi in giardino nella terra ricoperto di sale, di natron con il peluche con il quale giocavi a farti da guardiano …la pantera nera grande il tuo doppio esatto che strapazzavi con tutto il carattere che sapevi fare apparire…Un gioco continuo…anche volare…povero Bamboo …
Il tuo papà Angelo cercando di farmi forza ha vomitato quella sera per il dolore di averti perduto…
Oberon e Sally mi hanno riempito di baci ed io ho sentito il cuore salire in gola e uscire in un fiume cheto di lacrime sul viso…

                                                      Papà Oberon inconsolabile

Vola piccolo mio, vola verso il sole verso la luce che ti aspetta e lì ci ritroveremo felici presto…piccolo amore.
Bamboo nel tuo nome c’è il tuo destino, nel modo in cui l’ho sempre scritto…sbagliandolo. Perché Bamboo si scrive Bambù, oggi me ne rendo conto senza quel “boo” finale ..un simbolo di spavento così come Brivido …il nome con il quale ti volevano chiamare…proprio quello che hai provato: uno spavento e un brivido. Sulla rubrica del mio cellulare appariva memorizzato Ramboo ogni volta che telefonavo ad Annalisa…e come  Rambo hai rischiato la vita in un salto…Un destino.
Cercherò di fare passare il tempo senza di te ma il tuo amore sarà sempre dentro al mio cuore e con questa contraddizione vivrò senza mai dimenticare i tuoi baci, il tuo immenso amore.
Mia madre mi ha sempre detto quanto io possa essere pericolosa  per il troppo amore che so dare…ed è vero…se non avessi voluto portarti al sole ieri pomeriggio , se non avessi voluto farti conoscere il terrazzo, il giardino,il mondo…se fossi restata a casa a godermi il caldo…tu…tu saresti ancora vivo…Il troppo amore soffoca…ma allora quale è la strada ?
La moderazione forse, l’assennatezza , il giudizio…tutto quello che non c’era nei nostri piccoli cuori di entusiasti…

Un tonfo sordo sull’asfalto…neanche un grido…non te ne sei accorto…questo conta…ma io ho perso troppi affetti in questa vita per non sentirmi provata. Il dolore di una perdita è sempre uguale , si sta lì a bocca aperta a fare uscire da dentro quel lamento che spacca l’anima e non si placa facendolo…si esterna solo.Con te piccolo Bambù è stato incredibilmente ancora più forte , più dirompente se possibile…ha continuato ad uscire senza sosta con la stessa intensità dell’amore che avevamo esternato in vita.

Prima Dinastia : levriero in rilievo

In Egitto , nella tomba della prima dinastia della regina Her-Neit è stato trovato lo scheletrino di un piccolo levriero…chissà quale storia di amore di tremila anni fa si accomuna alla nostra…forse la stessa perché noi tutti,umani e non, siamo sempre uguali e nell’incontro sono le emozioni a farci riconoscere, ad aprire il cuore. Così è per tutti e in tutti i tempi, senza sentirsi dei privilegiati perché tutti siamo così…basta volerlo e nel nostro simile ritroviamo noi stessi, un battufolo di aspettative e curiosità con il solo desiderio di ritrovarsi scambiando l’emotività con l’altro.
Proviamo ad amarci di più, a riconoscerci con benevolenza e forse ci ritroveremo più spesso.
Credo partirò…andrò in Egitto a cercare quella testimonianza d’amore nella tomba antica di Her-Neit,  dove una donna di altri tempi ma dallo stesso amore portava con se nel suo riposo eterno il corpicino imbalsamato del suo “Bambù”…affiderò alla pace del Nilo il coraggio del mio piccolo “Bamboo” e lo consegnerò alla montagna del silenzio “Baboo”, al Qurna dal profilo di Toth, il babbuino del tempo…in un tramonto rosa ricco di promesse…e di scuse, le mie…piccolo essere innocente.


Tramonto sul Nilo all’Isis Hotel di Luxor

Ritorno nell’acqua a farmi avvolgere i pensieri, ad affogare le ansie nel compiere le vasche…torno all’antico rimedio azzurro, nuoto , nuoto a perdifiato, conto le vasche…di nuovo sola….

Copyright © Ely Galleani Blog. All rights reserved.

Share this post

Condividi su facebook
Condividi su google
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su pinterest
Condividi su print
Condividi su email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *